Questo non sarà il solito post banale che evoca la sconfitta del DDL Zan prendendo come spunto i fatti di Oslo.
Perché quando ci troviamo a commentare un qualcosa di così grande diventa facile fare collegamenti che c’entrano il giusto.
No, un eventuale DDL Zan non avrebbe impedito un’evento di violenza simile se fosse avvenuto in Italia, tant’è che in Norvegia esiste una legge contro i crimini d’odio dal 1981.
Il binario della strage di Oslo non è lo stesso delle violenze quotidiane e sistemiche che la comunità LGBTQIA+ subisce, non è lo stesso dall’aggressione per strada o sul luogo di lavoro, così come non è lo stesso rispetto alla mancanza di politiche mirate al riconoscimento dell’autodeterminazione di una persona.
Una volta capito questo, possiamo fare una riflessione lucida su questi due binari.
Il primo, appunto, riguarda uno scontro culturale che è a un livello superiore rispetto agli esempi di cui sopra.
Un conflitto che non riguarda soltanto le tematiche LGBTQIA+ in generale ma un modo di vedere il mondo e la realtà che ci circonda che ci rende spettatori di fronte alla Storia.
Il secondo, che è quello su cui abbiamo più potere, riguarda per l’appunto ogni subcultura da scardinare e ogni diritto da ottenere verso i quali noi attivist possiamo e dobbiamo riversare la nostra azione.
Di fronte ai fatti di Oslo invece possiamo soltanto tacere e offrire solidarietà alla comunità Pride norvegese. Per quel che possa contare, cioè niente, come niente contano i discorsi su un qualcosa molto più grande di noi.
Silenzio e rispetto.